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La civiltà preistorica della Sardegna: prenuragica e nuragica (I° parte)

di Francesco Casula

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1. La Sardegna secondo gli antichi scrittori

Per Omero è la Scherìa, la terra dei Feaci, abitanti di un’Isola su tutte felice; posta a Occidente nel mezzo del Mediterraneo, aperta al mondo, che combatte, alleata con i Popoli del mare contro i potenti eserciti dei Faraoni e dei re di Atti che tiranneggiano e opprimono i popoli; per Esiodo è  l’Isola sacra in fondo al mare; per Platone, l’Isola dalle vene d’argento (Argyròflebs); per Apollonio (III secolo a.c. ( Argonautiche libro IV) è l’Isola vasta e feconda.

2. La civiltà preistorica sarda secondo l’Archeologo e storico Giovanni Lilliu

Il 23 Novembre 2009 ha fatto una lectio magistralis sui «Contadini e i pastori nella Sardegna neolitica e dei primi metalli» la settimana di studi su «La preistoria e la Protostoria della Sardegna», convegno promosso annualmente dall’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria e quest’anno dedicato all’isola, con appuntamenti a Cagliari, Barumini e Sassari.
Lilliu è l’archeologo che ha gettato le basi per le moderne conoscenze sul passato della Sardegna, combinando uno studio analitico fondato su scavi e dati concreti a intuizioni geniali, come ad esempio la scoperta della reggia nuragica di Barumini, uno dei più significativi siti archeologici dell’isola, sicuramente il più conosciuto al mondo per quanto riguarda l’era nuragica. Dalla sua ricostruzione socio-economica degli antichi sardi è emersa l’idea di un momento aureo del passato isoano. Un’epoca in cui la società era sì articolata in ceti, ma unicamente per questioni di struttura sociale e non di ripartizione del potere. Una fase storica, detto sinteticamente, di grande fermento culturale, dove enorme rilevanza avevano le corporazioni degli artigiani. Tanto che a loro secondo Lilliu si devono:
1. le raffinate opere di architettura sacra (ad esempio l’altare di Monte d’Accoddi-Sassari) e funeraria (le grotticelle ipogeiche di Sant’Andrea Priu-Bonorva, di Mandra Antine-Thiesi, di Montessu-Villaperuccio)
2. le eleganti ceramiche con le decorazioni tipiche di quel periodo, i gioielli e gli ornamenti rinvenuti nelle sepolture, utilizzati come corredo e protezione magica dei defunti. In esse già si coglieva una certa aspirazione democratica, dove anche il singolo partecipava attivamente alla crescita della comunità.
Nella Sardegna preistorica ci fu dunque un'età aurea in cui gli abitanti vivevano di agricoltura e caccia ed erano un popolo pacifico di laboriosi artigiani. Producevano in abbondanza e si dedicavano ai commerci, spingendosi in ogni angolo dell'isola e anche oltre il mare, tanto che tracce della loro cultura si sono ritrovate in Francia e in Spagna.
Ma soprattutto era un popolo libero e indipendente, prima che dal mare arrivassero colonizzatori portatori di nuove culture, spesso imposte con le armi e la guerra.
Ecco, in estrema sintesi, il quadro della civiltà che gli studiosi definiscono di "Ozieri o San Michele" e fanno risalire al Neolitico recente (tra il 3500 e il 2500 a. C.). Un'età mitica, forse ineguagliata nella preistoria della Sardegna, che si anima come un paradiso perduto nelle parole di Lilliu.

3. Il clima durante il periodo nuragico

Questa l’opinione dei paleoclimatologi. Secondo Franco Serra vigeva in quel periodo un clima caldo umido con ampio sviluppo di flora lussureggiante di tipo tropicale e habitat favorevole alle specie animali. Il nuraghe si sviluppò soprattutto in questo momento climatico, forse anche a seguito di una maggiore spinta demografica derivata dalle migliorate condizioni di vita proprio per effetto del clima,della vegetazione e degli animali selvatici che fornivano cibo facile e abbondante per tutti.
Ci troviamo quindi di fronte a un clima che potremmo definire sub tropicale e caldo umico, caratterizzato da moderate escursioni termiche e piovosità abbondante, con una temperatura media nel mese più freddo on inferiore a 18°c:quindi l’inverno era praticamente inesistente. Il numero dei giorni piovosi variava, in rapporto alle zone dell’Isola dai 100 ai 140 l’anno. Le medie annue delle precipitazioni atmosferiche erano intorno ai 150/2000 millimetri (oggi sono meno di 500).
Secondo un altro paleo climatologo, Francesco Fedele, confermando quanto sostenuto da Serra, ribadisce che una vegetazione ricca copriva il suolo dell’Isola e lo sviluppo delle specie selvatiche era proporzionato a questa ricchezza. L’alimentazione degli abitanti della Sardegna poteva dunque essere completa:frutti della terra, cereali, latte e derivati, grassi uova, carni, miele, pesci e molluschi.
Numerosi prodotti spontanei fornivano sostanze per usi quotidiani: corna e palchi di erbivori per gli arnesi; lana per le vesti; legna da ardere e ramaglie per la costruzione delle pareti; legno scelto per ciotole e sughero per recipienti; frutti del lentisco e dell’olivastro, pestati per olio da illuminazione e da condimento; orzo e frumento per farina.

leggi la seconda parte

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