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Prc Meilogu: "Basta soldi alle scuole private"

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Dai 20 ai 22 milioni di euro. Questa era la cifra dei finanziamenti alle scuole dell'infanzia non statali (pochissime comunali, la maggior parte private) che gli assessori alla Cultura e alla Pubblica istruzione avvicendatisi (Baire e Milia) elargivano durante la Giunta Cappellacci.

Fa specie che una certa sinistra, contraria dall'opposizione, porti avanti oggi le stesse misure elargendo per decreto 18 milioni di euro. Su 252 organismi beneficiari la fetta principale va a strutture intestate a papi, santi, sacri cuori, beate vergini, buoni pastori, madonne addolorate, ancelle e cose simili.

Questo è il risultato dell'assessorato controllato da Sel che, ricordiamolo, si occupa di Pubblica istruzione oltre che di Cultura (stendiamo un velo pietoso sull'azione politica di questa Giunta contro la lingua sarda). Sostiene l'assessore Claudia Firino che «le scuole paritarie sono spesso un presidio sul territorio, soprattutto laddove lo Stato non è in grado di adempiere agli obblighi costituzionali». Siamo sicuri? A Thiesi viene finanziato l'Asilo San Michele (31 alunni) con oltre 60 mila euro. Eppure sono presenti tre sezioni della scuola dell'infanzia dell'Istituto comprensivo (84 alunni stando ai dati presi dal sito ufficiale). Idem a Bonorva, dove è presente la scuola materna pubblica ma si finanzia con 66 mila euro la scuola privata religiosa San Vincenzo (32 alunni).

Il pubblico è quindi presente nei due più grossi centri del Meilogu.

Il pubblico è presente ovunque: i dati Istat ci dicono che in Sardegna abbiamo 770 scuole per l’infanzia, di cui 517 pubbliche (il 98% di queste sono statali e il 2% comunali) e 253 private.

Certo, magari lo Stato non investe molto in quelle strutture. Ma allora perché si finanzia il privato?

Firino si giustifica tirando in ballo i posti di lavoro: «Dietro queste risorse, oltre al servizio offerto alle famiglie di territori spesso privi di servizi essenziali, ci sono centinaia di lavoratori. Docenti, impiegati, personale ausiliario che svolgendo un lavoro prezioso per la comunità, garantiscono a volte l'unica busta paga per tante famiglie sarde». Sappiamo che tipo di contratti ci sono in queste strutture? No, non lo sappiamo: perché la regione neppure lo chiede e lo pone come requisito.
Si teme che senza quei finanziamenti le strutture private possano licenziare? Se è così lo si dica. E si dica anche che così facendo si sottostà ad un ricatto che, Costituzione alla mano, non ha neppure senso di esistere. L'art.33 della legge fondamentale dello Stato dice infatti che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». E l'art.43 aggiunge  che «Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese» in riferimento a «servizi pubblici essenziali». Persino lo Statuto sardo dice cose simili all'art.4. Per quanto ci riguarda, poi, l'indennizzo non può che essere simbolico data la mole di finanziamenti ottenuti di anno in anno.

Firino spiega che «cambiare i criteri in corso d'opera di un iter avviato durante la precedente legislatura avrebbe comportato nella migliore delle ipotesi un contenzioso per l'amministrazione regionale». È la stessa scusa di chi, al governo, vuole proseguire con i lavori della Tav o con l'acquisto degli F-35. E che si voglia procedere nel solco già tracciato lo si capisce quando si promette, per il futuro, di «sanare alcune piccole distorsioni». Le distorsioni sono enormi e tutte a svantaggio del pubblico.

Il partito sardo della Rifondazione comunista si schieri sul serio contro questa beffa e esca da questa maggioranza. Una sinistra degna dell'oggi è quella che lotta contro la parità scolastica, non quella che la subisce; è quella che lotta per un reale diritto allo studio, non per finanziare le scuole private, tanto più se confessionali. Rompere qualsiasi cordone ombelicale con il Pd. Subito!

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