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L'Ardia di San Costantino a Pozzomaggiore

Di Salvatorico Fara, presidente del comitato Santu Antine

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A Pozzomaggiore il 6 e 7 luglio di ogni anno si corre l’Ardia in onore di San Costantino alla quale partecipano non meno di cento cavalieri in una nutrita cornice di folla.

I pozzomaggioresi gli erano particolarmente devoti e nei primi del novecento, in seguito a grandi crisi sociali ed economiche, e per iniziativa dei reduci della prima guerra mondiale (grati per aver avuto salva la vita in battaglia) e degli emigrati nelle lontane Americhe (affinchè un giorno potessero far rientro al paese natale), promossero l’istituzione della festa e una società di mutuo soccorso sotto il patronato del santo.

Fu così che in soli tre anni, e con la collaborazione materiale ed economica dell’intera comunità, nel colle all’ingresso del paese venne costruita la Chiesa che venne inaugurata il 5 luglio del 1923 dall’allora vescovo della diocesi di Alghero Mons. Francesco D’Errico.

In quell’anno venne corsa la prima ardia in onore di San Costantino e fu subito un'esperienza bellissima e mai vista in tutto il Logudoro, capace di distinguersi da tutte le altre per imponenza, bellezza e ardimento.

Sebbene l’ardia di San Costantino abbia avuto inizio nel 1923 per lo scioglimento di un voto al Santo, l’ardia a Pozzomaggiore è un’istituzione antica. Infatti si correva da tempo immemore in altre occasioni come alle feste del Corpus Domini, di San Giorgio, di San Pietro e di San Narciso, con i suoi protagonisti prevalentemente appartenenti al mondo agro pastorale, abituati a convivere quotidianamente con il cavallo nei lavori di campagna, nella custodia e nella transumanza delle greggi e negli spostamenti del pastore.

L’ardia non è un esibizione, nè una gara sportiva, ma un atto di omaggio al Santo imperatore e simboleggia la battaglia vittoriosa sul tiranno Massenzio, avvenuta a Roma nei pressi di Ponte Milvio nel 312 dopo Cristo, a seguito della quale Costantino concedette la libertà di culto ai Cristiani vittime delle persecuzioni e costretti a praticare la loro Religione  nelle catacombe.

L’ardia quindi, contemporaneamente all’atto devozionale è una dimostrazione di coraggio, di forza e di abilità che, nel succedersi dei cavalli in pariglia in sfrenata corsa e nei giri intorno al santuario a gruppo compatto, a passo di carica fra il crepitio dei fucili a salve e cavalieri incredibilmente tesi, suscita emozioni uniche in chi vi assiste.

Il termine Ardia deriva dal verbo antico “bardiare” ovvero proteggere, fare la guardia. E nella manifestazione di Pozzomaggiore è magnificamente rappresentata nella sua simbologia. Il primo cavaliere, “su caddu 'e punta”, che, con la giubba rossa rappresenta l’imperatore Costantino nella sua vittoriosa cavalcata, è alla testa dell’intero drappello col suo cavallo bianco e la bandiera con l’effige del Santo. Non può essere superato da alcuno. Chiude la sua corsa in testa al drappello, così come l’ha iniziata, ben  protetto dal gruppo de “sas iscortas”: tre coppie di cavalieri in giubba rossa, coroncina e bandiera ad asta corta con punta a lancia, pronta per essere usata contro i tentativi di sorpasso di azzardati cavalieri del resto del plotone che rappresentano l’esercito degli infedeli.

Difficilmente avviene il sorpasso, per l’abilità e determinazione del gruppo di testa composto da “caddu 'e punta" e "iscortas” e per il rispetto che questi godono fra tutti. In tante edizioni dell’ardia, il sorpasso si ricorda in poche occasioni. 

Il pomeriggio del 6 luglio, verso le 18, una grande folla si raccoglie nel santuario, nel sagrato di san Costantino e nel viale antistante. Si notano numerose bancarelle della più svariata mercanzia in particolare il torrone di Tonara , i campanacci, i coltelli di Pattada. Si respira il profumo dei muggini arrosto e delle anguille.

“Sucaddu 'e punta” e il gruppo de “sas iscortas” di buon ora si recano presso la casa dell’obriere maggiore. Lì vestono le giubbe rosse ed inforcano le coroncine attendendo che gli altri cavalieri partecipanti all’ardia li raggiungano. Essi arrivano alla spicciolata, a gruppi di due o tre, finchè il gruppo dei cavalieri diventa abbastanza numeroso. L’obriere maggiore aiutato da parenti ed amici offre dolci e bibite .

Quando sono le 18,30 circa le bandiere di tutti i Santi venerati in paese, portate dai rispettivi obrieri, si schierano di fronte alla casa dell’obriere maggiore dove ricevono una benedizione di grano misto a petali di rosa da parte della padrona di casa, che rompe poi il piatto in segno beneaugurante. L’obriere maggiore bacia le bandiere ad asta corta e, contemporaneamente all’augurio, le consegna a “su caddu 'e punta” e a “sas iscortas” che, ricevendole, le baciano a loro volta e fanno il segno della Croce. È l’inizio dell’ardia.

Numerosi colpi di fucile avvisano che la manifestazione sta per iniziare. Il gruppo di testa, seguito da tutti gli altri cavalieri, le bandiere religiose e la banda musicale, si muove al passo verso la Chiesa Parrocchiale dove attendono i rappresentanti del clero locale. Il Parroco benedice i cavalieri e si unisce al corteo che al passo si avvia verso la Chiesa di San Costantino. Il Clero ed il corteo delle bandiere raggiungono il santuario mentre i cavalieri inforcano una stretta  viuzza che li immette in testa al rettilineo dove si correrà l’ardia, lì attendono che la folla sgombri la strada e le aree frontistanti il sagrato. Alcuni colpi di fucile indicano che il percorso è libero e che si può cominciare.

“Su caddu 'e punta” sprona il suo cavallo bianco ed al gran galoppo percorre l'intero viale, inforca il cancello di ingresso al sagrato ("su cunzadu"), gira velocemente intorno alla Chiesa in senso antiorario e si ferma di fronte al portone principale compiendo atto di omaggio verso il Santo. A questo seguono in coppia le scorte e successivamente, sempre in coppia, segue il resto del drappello che giunge al santuario in un continuo inseguirsi una coppia dopo l’altra. È un sistema di corsa che richiede grande abilità ed affiatamento sia per l’alta velocità che bisogna mantenere che per la capacità di correre perfettamente appaiati.

Non appena tutti i cavalieri si trovano all’interno del tancato (oltre cento) si svolge la corsa rituale che si innesta più strettamente nell’apparato mitico del culto e della devozione al Santo: il cavaliere de “su caddu 'e punta” attende il momento propizio e all’improvviso fra gli spari a salve sprona il suo cavallo e seguito dalle scorte e tutti gli altri cavalieri compie tre giri a passo sfrenato in senso antiorario intorno al santuario. È un momento di grande tensione ma anche di grande spettacolarità e bellezza. Su caddu 'e punta è sempre tallonato dalle sei iscortas che in azione di guardia devono badare, nell’andamento rituale che nessuno sorpassi ne loro ne su caddu e punta. Sarebbe disonorevole per il drappello di testa.

Alla conclusione dei primi tre giri tutto il gruppo compie un giro al passo e tutti i cavalieri al passaggio di fronte alla Chiesa si "segnano" in omaggio verso il santo, quindi con le stesse modalità e spericolatezza di prima compiono tre giri in senso orario al seguito de su "caddu 'e punta" e de "sas iscortas".

Mentre all’interno della Chiesa si celebrano i vespri in onore del Santo il gruppo dei cavalieri di testa guida tutto il resto del plotone per riguadagnare al passo il punto di partenza in fondo al rettilineo e quindi ripetere in maniera identica un’altra “pigada” ed altri tre giri in senso antiorario e tre giri in senso orario.  

L’indomani, 7 luglio, giorno della festa grande viene ripetuto lo stesso rituale del pomeriggio precedente però tra una fase e l’altra dell’ardia si svolge una solenne processione dove vengono portati su carri finemente addobbati i simulacri dei Santi Costantino, Silvestro Papa ed Elena, madre di Costantino. La processione è seguita da una nutrita folla nella quale spicca la presenza di numerosi bambini vestiti ad imitazione di Costantino a scioglimento di una promessa fatta al Santo.

Attraverso la simbologia della corsa a cavallo, dei giri intorno alla Chiesa (in senso antiorario perché rivolti contro il male, in senso orario perché rivolti verso il bene) e attraverso i simboli delle bandiere intese come "insegne della Croce”, l’ardia si ripropone e si inserisce nella riplasmazione dell’immaginario popolare in un momento significativo della vicenda storica del Cristianesimo. Nella dinamica dell’ardia sono stabilite gerarchie che non possono essere sovvertite per nessun motivo. “Su caddu 'e unta”, “sas iscortas” e la massa di tutti gli altri cavalieri partecipanti.  A contorno c’è la folla che fruisce e conferma con il suo consenso il perpetrarsi della tradizione.

Questa festa, la più importante della comunità, coinvolge nella sua organizzazione una gran parte degli abitanti del paese, i cavalieri che disputeranno l’ardia e gli allevatori di cavalli. Pozzomaggiore, inoltre, si prepara a ricevere i forestieri che numerosi si recheranno al Santuario per partecipare alle funzioni religiose o per assistere a uno dei tanti spettacoli allestiti dal Comitato, ma il significato devozionale della Sagra, nonostante la rilevanza degli aspetti profani introdotti negli ultimi anni per il diffondersi della cultura laica, appare ancora prevalente .

Come nel passato, oggi San Costantino è soprattutto una festa intercomunitaria, occasione di incontro tra persone provenienti da diversi paesi, spinte dalla devozione al Santo senza escludere il divertimento. Così la gente si ritroverà per stare insieme, spensieratamente.

I preparativi della festa sono faticosi ma sono festa anch’essi e momento di aggregazione tra amici, tra famiglie e tra compaesani, uniti per raccogliere e realizzare i vari prodotti alimentari come le carni, il pane, i dolci e le bevande che saranno consumate in abbondanza durante i giorni della festa. Secondo la tradizione gli uomini si dedicano alla confezione della carne, le donne invece realizzano il pane e i dolci.

L’ardia di San Costantino si svolge in maniera analoga anche il 31 agosto e il 1 settembre per “Santu Antineddu”. In quell’occasione si celebra la novena in onore del Santo. Si dice che il ripetersi dell’Ardia sia stato istituito per dare la possibilità ad agricoltori e massai che nel mese di luglio non vi  potevano assistere in quanto lontani dal paese impegnati nella mietitura.

La data del primo settembre scelta per questa manifestazione, comunque, potrebbe essere anche non casuale, infatti in tale data iniziava l’anno secondo il calendario bizantino e sappiamo che proprio i monaci orientali di provenienza bizantina importarono il culto di Costantino in Sardegna. Il calendario bizantino prevedeva l’utlimo dell’anno il 31 agosto ed il capo d’anno il primo settembre, da quì il termine sardo per chiamare il mese di settembre “caput anni”. Chiudere l’anno con l’ardia quindi, ed iniziarlo in segno beneaugurante con l’ardia in onore di San Costantino, potrebbe essere una delle tante espressioni simboliche  a cui è legata la nostra festa.

La scelta del comitato per su “su caddu e punta” (il primo cavaliere dell’Ardia) è andata su Salvatore Masia, che ha accolto la nomina con tanto entusiasmo. È una scelta sicura quella del comitato poiché Salvatore Masia è un cavaliere bravo ed esperto avendo alle sue spalle numerosissime ardie effettuate sempre da protagonista. Salvatore Masia emulerà così le gesta di suo padre, Antonio che fu "caddu 'e punta" dell’ardia nel 1954 quando l’obriere maggiore era Antonia Piredda. Esso sarà ben protetto dal gruppo di tre “iscortas”. La prima  è composta da Mario Marchesi e Costantino Calaresu, la seconda da Comita Corongiu e Paolo Casule, la terza da Tonino Cuccuru e Andrea Rosas. Tutti i componenti del gruppo di iscortas, possiedono la necessaria esperienza per coadiuvare degnamente “su caddu 'e punta” ed effettuare un’ardia brillante, all’altezza delle attese.

Quest'anno la Chiesa di San Costantino è arrichita dalla presenza della statua di San Giovanni Paolo II, donata dalla signora Costantina Carboni di Pozzomaggiore per onorare degnamente la figura del  grande Papa, che  tutti noi abbiamo conosciuto a costante servizio della Fede e a difesa dei più importanti valori umani, non poteva trovare migliore collocazione se non nel santuario del Santo che diede la libertà di culto della nostra religione.

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