Cossoine. Ha avuto molto apprezzamento la conferenza sul “Canto a boghe ‘e chiterra logudoresu” tenuta dal professor Rolando Piana e proposta dalla Pro Loco “Bastiano Unali” e dall’Amministrazione comunale.
Nelle varie fasi che hanno animato la serata, Piana ha illustrato le varie fasi del canto a chitarra dalle origini agli anni settanta. Un viaggio, il suo, iniziato dalla descrizione della sua passione per quest’arte poi sposata appieno perché conquistato nel cuore e nell’anima. Era infatti questa la grande capacità insita nelle voci dei “grandi” di un tempo, con le quali ha cantato sul palco per diversi anni prima di avviarsi all’insegnamento.
Da qualche tempo, il professore originario di Bulzi , paese natale di tre mostri sacri del canto a chitarra quali Leonardo Cabizza, Francesco Cubeddu e Giovannino Casu, ha avviato un’intensa attività di ricerca, tra cui le interviste ai vecchi cantadores di un tempo, che lo ha portato a uno studio approfondito di questo genere musicale.
Attraverso l’ascolto di vecchie registrazioni, Piana ha illustrato ai presenti l’ormai sepolto “cantu a s’antiga” e l’antico “cantu a boghe e sonetto”, realizzato senza chitarra e iniziato nell’ottocento nel lavoro dei campi con “su cantu a boghe ‘e carru”, poi coltivato nei ritrovi familiari e in “sos zilleris”.
A suo modo di vedere, risalgono al 1915 le prime documentazioni ufficiali di vere e proprie gare a chitarra, con testimonianze anche del 1912-13. Le stesse erano eseguite senza microfono e di fronte a un pubblico che ascoltava in religioso silenzio, perché dal canto emergeva la musica dell’anima. Fino al 1915 la gara constava di Canto in re, Nuoresa, Muttos e Disisperada. Poi è stato inserito il “mi e la” e il “sibemolle”. Curiosa l’origine de “Sa disisperada”, non canto di disperazione ma serenata per la donna amata.
Nel 1920 fu inventato il primo registratore, che ebbe maggiore diffusione negli anni trenta. A partire da quegli anni, nel pieno della riforma scolastica Gentile, era stato affidato a Gavino Gabriel l’incarico di raccogliere i canti delle diverse realtà isolane. Fu lui a scoprire che ogni paese aveva la sua modulazione e a introdurre canti nuovi come quello “a sa piaghesa” oppure “a s’otieresa”.
Di questo periodo sono anche le incisioni di Gavino Luna “Delunas” e Maria Rosa Punzirudu, accompagnati dal chitarrista Nicolino Cabizza, allora con la tecnica dell’arpeggio. Successivamente introdusse l’utilizzo del plettro e nel 1962, quello della fisarmonica. La durata delle gare di un tempo era anche di cinque ore. Si iniziava col Canto in Re, vera base del canto sardo, così chiamato perché si cantava “a rea”, cioè in piedi.
I cantadores ricevevano “su pannu”, un panno ricamato che girava fra il pubblico per la raccolta delle offerte, le quali, inizialmente assegnate al migliore, vennero poi equamente ripartite. Non ci si arricchiva, giusto il valore di due, tre giornate di lavoro. Si è parlato anche dell’introduzione della Corsicana e del Fa diesis, creato da Valentino Usai di Sassari e accompagnato da Adolfo Merella.
Al termine, spazio anche all’ospite d’onore della serata, Francesco Maria Mannu, noto Mario. Cossoinese di nascita ma trasferitosi con la famiglia a Padru, cresce sotto l’egida artistica di Leonardo Cabizza. Contraddistinto da grande signorilità, è sempre stato uomo di grande rispetto, dalla voce bella e cristallina che esaltava i suoi acuti sostenuti. È stato lo stesso Mannu a chiudere la serata con l’esibizione dei canti a chitarra, insieme a Franco Demuru, Giacomo Madeddu e Matteo Dore, accompagnati proprio da Rolando Piana, alternato a Nicola Saba.