L’Italia è una Repubblica democratica, fondata attorno ad un tagliere per salumi a forma di maiale, omaggio di Amintore Fanfani ai Padri della Costituente nel 1946; è la Repubblica del maialino ripieno, sempre un regalo per i membri della “Comunità dei Costituenti”, e perciò ribattezzata “Comunità del porcellino”; è la Repubblica della partigiana Laura Bianchini, la quale usava chiamare “Porco!” chiunque osasse contraddirla.
Questa è “La Repubblica del maiale” secondo la giornalista enogastronomica Roberta Corradin, che ieri nell’ambito del Festival letterario diffuso Éntula, ha presentato nella Sala Aligi Sassu di Thiesi, il suo libro (edito Chiarelettere) “La Repubblica del Maiale”, appunto. Ha dialogato con l’autrice il giornalista Giovanni Fancello.
La Corradin durante l’incontro ha offerto ai presenti una panoramica dell’Italia e degli italiani dagli anni ’50 ad oggi, “tra scandali e ossessioni culinarie” come recita il sottotitolo del volume. Dalla politica alla cucina e viceversa, si parla dell’Italia che si trasforma, che cambia rapidamente nella sfera sociale e nelle sue tradizioni culinarie.
Si comincia dagli anni ’50, gli anni della ricostruzione e di profondi cambiamenti per il paese; ancora arretrato il sud, già industrializzato il nord. La cucina povera inizia ad arricchirsi ed a innovarsi, c’è la pollanca in gelatina, e arrivano i dadi da brodo, mentre verso la fine del decennio arriva il frigorifero anche se gli italiani si dimostrano abbastanza restii nell’uso di questo elettrodomestico, al contrario della televisione.
Si passa agli anni ’70: andava di moda il flambé, mentre nelle piazze e nelle strade italiane ardevano i falò delle proteste studentesche, nelle case borghesi non era possibile concludere un pasto senza un bel flambé. Sono gli anni di piombo, del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e della lotta di queste ultime contro il SIM (Stato Imperialista delle multinazionali). Gli anni ’70 sono anche gli anni della diffusione del grano Cappelli, “gli italiani non sopportano più gli altissimi campi di grano, era necessario fare qualcosa”, afferma l’autrice. Nasce una nuova semenza detta Creso, nanizzata e ibridizzata, con altissime proprietà riproduttive, di adattamento e di resistenza, e produce un grano a paglia corta. In molti oggi sostengono che il grano Cappelli sia la principale causa dell’aumento della celiachia nel territorio nazionale.
Il fallimento degli anni di piombo porta agli anni ’80 e all’onnipresenza della panna in cucina. Arriva il Bimby e risolve tutti i problemi degli italiani, i quali si affidano al nuovo elettrodomestico e lasciano che sia questo ad occuparsi di tutto, “un po’ come è accaduto in politica” sostiene l’autrice.
È l’Italia della P2, di Toto Cutugno che vince Sanremo, della morte di Enrico Berlinguer, del Mulino Bianco e degli italiani che affogano nelle merendine.
Negli anni 90 gli italiani assistono impassibili allo scandalo Tangentopoli come se fosse una soap-opera, si chiude la prima Repubblica e inizia la seconda ed arriva l’aceto balsamico. Mentre nel decennio successivo impazzano i slow- food, presentati al salone del gusto di Torino, e i food blogger, è introdotto l’obbligo di “tracciabilità” per tutti i prodotti, come afferma Roberta Corridin: “il grande imbroglio del nostro decennio”. Sono gli anni delle pluralità, se prima esisteva il cioccolato al latte o fondente, in questi dieci anni proliferano le varietà più disparate di cioccolato, stessa coincidenza per quanto riguarda l’olio o la libertà che diventa plurale con la nascita della Casa delle Libertà.
Se da una parte c’è stata un Italia che cambiava rapidamente, dall’altra parte, e più nello specifico le piccole realtà come Thiesi non venivano assorbite da questo vortice di trasformazioni. Così Giovanni Fancello ha introdotto un excursus storico su Thiesi e sulle sue tradizioni culinarie rimaste inalterate nel corso degli anni. Infatti, mentre nel resto del paese la dispensa e la tavola degli italiani cambiava, a Thiesi si continuava a fare il pane in casa con il lievito madre, a produrre la pasta in casa, considerato un vero e proprio evento sociale. Il brodo veniva fatto con la gallina e non con il dado e il latte, si beveva quello non pastorizzato. Le novità culinarie arrivavano attraverso gli immigrati che rientravano al paese natale: nelle tavole dei thiesini giungono, dunque, il brodo di pesce, il consommé e il ragù. Anche negli anni ’80 quando il paese cambia nella sua architettura e può vantare di ben sei aziende casearie che esportano nel mondo, le sue tradizioni in cucina restano immutate.
“Se doveste riassumere Thiesi degli anni ’50 in una ricetta – ha chiesto l’autrice al pubblico presente – quale sarebbe”? “Cicioneddos!”, hanno risposto in molti, ma anche brodo di gallina e impanadas. “Avevate la gelatina?” ha continuato la giornalista. “No, sos pes de anzone!”
L’incontro si è concluso con un auspicio di Roberta Corradin, che giungano tempi migliori per l’Italia e che la sua Repubblica diventi finalmente utile come il maiale, cioè solo dopo la sua morte e trarne in questo modo i suoi più prelibati frutti.