Bonorva. «Abbiamo convocato questa riunione dell’Unione dei Comuni per denunciare alla stampa e, soprattutto, per far sentire la voce di un territorio come il Meilogu in un momento drammatico per la comunità di Giave per la chiusura della stazione».
È con queste parole che il presidente dell’Unione dei Comuni (nonché sindaco di Cheremule), Salvatore Masia ha aperto i lavori, convocati in seduta straordinaria, per discutere delle ultime vicende che hanno riguardato la stazione di Giave sottolineando come l’Unione dei Comuni si sia unita in passato anche in altre battaglie che hanno coinvolto altri paesi del Meilogu.
Masia ha ricordato la necessità di limitare lo spopolamento dei piccoli centri facendo presente la compattezza dell’assemblea dei sindaci dell’Unione nel denunciare quelli che lui stesso ha definito «dei veri e propri soprusi alla nostra comunità ».
Il sindaco di Giave Maria Antonietta Uras ha fatto una breve cronistoria dei fatti che hanno portato alla chiusura della stazione del comune da lei amministrato ribadendo, con profondo rammarico, come «nessuno dalla Regione Sardegna si sia fatto sentire». Uras ha sottolineato come la stazione non sia solo di Giave ma del territorio in quanto «noi siamo 13 comuni nel Meilogu ma ci sono altri comuni tipo Romana, Padria e Mara i cui cittadini venivano a Giave a prendere il treno». Chiesto un tavolo comune con gli organi competenti per affrontare la vicenda e revocare la decisione della chiusura della stazione.
Il primo cittadino di Siligo Mario Sassu, nel suo intervento, ha espresso la piena solidarietà al comune di Giave sottolineando come la stazione di Giave sia uno snodo cruciale per il Meilogu e che non sia giusto che chi di dovere trascuri questo territorio.
Antonio Marras (Bonnanaro) nel suo intervento ha asserito che «finché ci sarà una persona che ha bisogno di questo servizio, il medesimo va mantenuto». Marras ha concluso il suo intervento sottolineando come tali problematiche favoriscano lo spopolamento di queste zone.
Il sindaco di Borutta Silvano Arru, nel confermare anch'egli la solidarietà del suo comune al paese di Giave, è entrato nel merito del come proporre la protesta nelle sedi opportune. «Cancellare la stazione di Giave – ha aggiunto – significa amputare al nostro territorio la possibilità di poter contare sulla risorsa turistica. Non avere una stazione significa favorire lo spopolamento».
Molto duro il primo cittadino di Pozzomaggiore, Mariano Soro. Nel suo intervento ha evidenziato come, a suo giudizio «ci sia l’intenzione di portare tutte le popolazioni in grandi macroaree che sono quelle di Sassari e Cagliari comportando disagi dal punto di vista economico e della salute. Il chiudere la stazione di Giave dimostra che c’è pochissimo interesse delle zone interne. Bisogna portare una protesta decisa facendo sentire la nostra voce non solo con un documento ma anche in altri termini».
Di simile avviso il sindaco di Cossoine Sabrina Sassu. Citato il «grande buco» che la Regione Sardegna vorrebbe creare: «fare in modo che tutte le persone, a causa della chiusura dei servizi, si concentrino nelle zone costiere e nelle città ».
Giovanni Uras (Torralba), nel suo intervento, ha rilevato come si è arrivati a questa situazione: «La stazione è stata abbandonata a se stessa nel corso degli anni, non c'è stato nessun investimento».
Più cauto il sindaco di Thiesi Gianfranco Soletta: «La mia paura è che, una volta presa la decisione, sia difficile ritornare indietro. Se fino ad oggi siamo stati attenti a ciò che ci hanno tolto, d’ora in avanti dobbiamo vedere cosa riusciamo a fare con ciò che ci sta rimanendo. Io credo che sia utile parlare con il nostro interlocutore e capire il perché di tale decisione».
Molto duro anche il primo cittadino di Bessude, Roberto Marras, secondo il quale la Regione sta portando avanti una «politica degna di Ponzio Pilato».
«Bisogna far sì – ha ribadito il presidente Masia – che il sacrificio della stazione di Giave non sia invano. Non bisogna parlare di Meilogu ma di territorio. C’è un sistema ragionieristico di vedere le cose. Bisogna far capire a chi ci governa che questo buco che si sta creando è un buco dove abitano delle persone».
Maria Antonietta Uras ha concluso i lavori chiedendo a tutti i sindaci di approvare un documento unitario in cui si chieda la revoca della decisione presa. A fine seduta i sindaci hanno deliberato all’unanimità di stilare un documento comune da inviare all’assessorato ai trasporti e ai i responsabili delle ferrovie con la richiesta di un incontro risolutivo.