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Lettera aperta del gruppo di minoranza di Banari

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Riceviamo e pubblichiamo integralmente una lettera aperta che abbiamo ricevuto dal gruppo di minoranza di Banari

 

Libertà di informazione, libertà di riunione, libertà di stampa, libertà di parola dovrebbero essere in un Paese democratico dei concetti “normali”, acquisiti e metabolizzati da tempo facenti parte dei diritti fondamentali degli individui. E’ un diritto universale, che è alla base della libertà di espressione, perché presupposto di una piena partecipazione dei cittadini alla vita democratica, avere accesso alle informazioni della Pubblica Amministrazione.

Il diritto di accesso all’informazione è oggi regolato da norme conosciute come FOIA “Freedom of Information Acts”. In base a esse la pubblica amministrazione ha obblighi di informazione, pubblicazione e trasparenza e i cittadini hanno diritto di chiedere ogni tipo di informazione prodotta e posseduta dalle amministrazioni che non contrastino con la sicurezza nazionale o la privacy. La Corte Europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto l’accesso alle informazioni come diritto. Più di 90 Paesi democratici hanno un Foia. In Italia ciò è avvenuto nel 2016 facendola salire nella graduatoria internazionale dell’accesso alle informazioni.

Negli Stati Uniti, già dal 1996 la Legge è stata estesa con regole che disciplinano l’accesso ai documenti elettronici oggi conosciuto come E-FOIA (Electronic Freedom of Information Act). Anche il governo italiano ha annunciato come scenario futuribile di voler perfezionare l’attuale legge in tale direzione.

Tuttavia ancora in tanti non sanno cosa sia il FOIA. Neanche nella Pubblica Amministrazione.

Anzi può anche capitare che questo acronimo susciti l’ilarità di alcuni amministratori, scandalizzati forse da una tale ampiezza di accesso all’informazione.

Tale ilarità si è manifestata (da parte di alcuni consiglieri) appunto durante il Consiglio Comunale del tre luglio quando le consigliere di minoranza hanno presentato una interpellanza chiedendo al Sindaco di rivedere le proprie posizioni circa il diniego opposto alla loro richiesta di poter accedere anziché ai documenti cartacei, ai documenti elettronici tramite accesso con password al sistema informatico (beninteso in sola visione) degli atti amministrativi, dei dati contabili e del protocollo. Ormai riconosciuto dalla commissione per l’accesso ai documenti amministrativi istituita presso il governo italiano, dal Ministero dell’Interno e dallo stesso Consiglio di Stato, come il sistema preferibile per garantire il diritto di accesso ai consiglieri comunali (non solo quelli di minoranza, ma forse ancor di più a questi viste le tutele di cui le minoranze dovrebbero godere) permetterebbe di snellire la burocrazia, far risparmiare carta e non gravare gli uffici di ulteriori incombenze. A parte farsi qualche risatina, nessuno dei consiglieri presenti (è questa, forse, la vera sconfitta) si è posto in posizione di confronto o di sano cartesiano dubbio, dimostrando al contrario scarso rispetto per una richiesta del tutto legittima. 

Viene da pensare che magari una tale modalità di accesso ai documenti e ai dati farebbe perdere il primato del controllo sull’avversario politico, considerato che anche i consiglieri devono fare formale richiesta scritta per ottenere copia di documenti non più in pubblicazione. Non solo. La minoranza si è vista rifiutare dagli uffici comunali anche la sola visione di documentazione richiesta, così come la stampa di un atto in pubblicazione.

Non è solo una questione di leggi ma anche di esempio di buona azione nel rispetto del confronto reciproco e nella via della realizzazione di una vera democrazia. Ci sarebbe piaciuto che il nostro Comune, facesse parte di quei Comuni (qualcuno anche vicino a noi) che sono stati pionieri sulla strada della partecipazione all’informazione e all’amministrazione della comunità favorendo il diritto di accesso informatico delle minoranze.

Sono lontani i tempi di quando un Sindaco lungimirante chiamava un capogruppo di minoranza ad assistere alle sedute di Giunta e a farsi quindi portavoce delle istanze minoritarie della Comunità.

Con grande magnanimità il Sindaco, come da richiesta della minoranza ha concesso, per sua volontà, e non come atto dovuto nascente da disposizione statutaria e regolamentare, un locale comunale (attrezzato di computer e stampante speriamo!) per svolgere le riunioni del gruppo e le attività legate al proprio mandato. Tale concessione impone l’uso del locale un solo giorno alla settimana dalle tre alle cinque e mezzo del mercoledì pomeriggio. Tradotto vuol dire che il Sindaco ha anche il potere di decidere quando la minoranza deve riunirsi e per quanto tempo. A prescindere da impegni lavorativi, di famiglia, personali e altro dei consiglieri del gruppo minoritario. Avevamo chiesto con tempi e modalità da concordare, ovvero da decidere insieme. Ma dobbiamo gioire visto che, come ci è stato detto “nei Comuni del circondario nessuna minoranza gode di tale privilegio”. Questo in un Comune che ha sempre concesso in uso locali comunali a gruppi, comitati e associazioni senza limitazioni e restrizioni.  

La minoranza era a Banari come il dodo, è comprensibile che la sua ricomparsa abbia potuto creare sconcerto.

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