Riceviamo e pubblichiamo la nota della docente Ica Contini in risposta all'articolo apparso sul settimanale diocesano "Libertà"
La rivista Libertà, dell’Arcidiocesi di Sassari, del 22 dicembre 2014, contiene un interessante resoconto sulla recente visita pastorale di Mons. Atzei a Thiesi: iniziata con le Cresime, la visita di padre Paolo è proseguita presso l’ospedale civile, la comunità alloggio, le cooperative sociali, le chiese e le scuole.
L’incontro del Vescovo con i bambini delle scuole dell’infanzia, elementari e medie risulta, in base a quanto riportato, vivace e interessante, “un po’ più complesso” quello con i giovani dell’Istituto Commerciale, “bloccati e poco spontanei” gli studenti, non diversamente dalla visita del 2009.
Ecco, questa parte del documento, proprio quella che descrive l’incontro con gli studenti dell’Istituto Musinu, mi sembra una nota stonata nel contesto di un racconto che nella sua globalità appare preciso, obiettivo e lineare.
Quel 26 novembre io ero lì, nell’auditorium della scuola dove svolgo ormai da diversi anni il mio quotidiano lavoro di insegnante e, con tutto rispetto, i nostri studenti non mi sono sembrati così restii a costruire un dialogo con Monsignore, forse un po’ intimiditi inizialmente, come è giusto che sia quando si sta di fronte ad un’alta autorità.
Ma perché una discussione su “temi forti e attuali”, un dialogo vivace al quale il Vescovo ha partecipato in maniera attiva, fornendo risposte ai quesiti dei ragazzi, tranquillamente, senza far trasparire il minimo disappunto, diventa nel resoconto scritto una sorta di questionario incalzante, non senza “qualche evidente provocazione”?
Eppure il Vescovo, nell’accomiatarsi dai ragazzi, si dichiarava contento per come si era svolto l’incontro e dispiaciuto di dover andare via e interrompere un dialogo così interessante. Penso a quanto si debbano sentire confusi i nostri studenti nel constatare che un’ esperienza per loro bella, interessante e stimolante, non sia stata recepita in modo altrettanto positivo da chi in quell’occasione rappresentava il loro interlocutore.
Io penso che i nostri studenti, seppur con toni e modi tipici della loro età, abbiano dimostrato maturità, intelligenza, vivacità e anche una buona dose di coraggio nel volersi confrontare con una cosi alta personalità su questioni importanti e legittime, fortemente sentite da loro, giovani persone che cercano di realizzarsi in un contesto sociale e culturale complesso, in continua evoluzione, non sempre in grado di fornire loro risposte concrete e modelli adeguati.
Per me che insieme ai miei colleghi contribuisco alla crescita culturale di questi ragazzi, condividendo con loro la quotidiana vita scolastica, anche il più piccolo segno di interesse, curiosità, voglia di conoscere è da accogliere con entusiasmo, sarebbe preoccupante se non ci fossero questi segnali o se noi, educatori, non fossimo in grado di percepirli o, cosa peggiore, li volessimo ignorare o annullare.
“C’è molto da riflettere” sul comportamento dei ragazzi che non si alzano a pregare: alzarsi in piedi è segno di rispetto e di buona educazione, infatti tutti noi docenti presenti, con pacatezza li abbiamo invitati a farlo; ma la preghiera non deve essere l’esecuzione di un comando, essa “è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo gettato verso il cielo…”( Santa Teresa di Gesù Bambino).
L’indugiare dei ragazzi ad alzarsi in piedi e pregare non può essere scambiato per “vuoto educativo”, espressione usata da padre Paolo il giorno dopo, quando incontrava le amministrazioni comunali del Meilogu: mi chiedo a cosa serva il nostro lavoro di educatori, unito a quello delle famiglie se il risultato fosse davvero questo, l’assenza nei nostri ragazzi di qualunque forma di educazione!
Ognuno di noi, operatori scolastici, tecnici, personale di segreteria, studenti, docenti, col proprio lavoro, contribuisce a “reggere” ossia a mantenere e difendere l’Istituto “Musinu” che, per motivi di dimensionamento scolastico, rischia di perdere quell’autonomia che gli ha permesso per anni di svolgere un ruolo fondamentale nella formazione dei nostri giovani e di essere per tutto il territorio del Meilogu garanzia di coesione sociale.
Concludo ribadendo la consapevolezza che l’incontro dei nostri studenti con padre Paolo, seppur necessariamente breve, sia stato utile, positivo e costruttivo.