Sono iniziati da pochi giorni e si protrarranno per tutto il mese di Luglio, in territorio di Siligo, nel sito di Mesumundu, i lavori della VI edizione della Scuola Estiva di Archeologia Medievale, organizzata dal Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari e dal Comune di Siligo, con l’amministrazione guidata dal Sindaco Mario Sassu, in regime di concessione ministeriale di scavo. Alcune aziende del territorio sostengono il progetto, come la “Fonti Santa Lucia di Bonorva”, il Caseificio Pinna di Thiesi, Bitumitalia di Tonino Fadda, Prisma Quality di Sassari, il Mangimificio Chessa di Giave, Impresa Edile Leonardo Soro di Siligo, Deriu Gavino Impianti elettrici.
Partecipano alla campagna di scavo circa 30 fra studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in archeologia di 7 Università italiane e straniere (Sassari, Parigi Sorbona, Lione, Autonoma de Barcellona, Murcia, Napoli L’Orientale, Cagliari), sotto la direzione del Prof. Marco Milanese, Direttore del Dipartimento organizzatore e Ordinario di Archeologia Medievale presso l’Università di Sassari.
Mesumundu, identificabile per la piccola chiesetta in laterizi di epoca bizantina, è un sito oggetto di scavi archeologici dall’Ottocento. Si conoscono almeno sei interventi di scavo, oltre ad un numero imprecisato di scavi clandestini o comunque non autorizzati. Un sito ridotto ad una gruviera, dunque, ma paradossalmente poco conosciuto, ai piedi del Monte Sant’Antonio (Monte Pelao), non distante da Monte Santo, che spicca nel paesaggio del Meilogu e ne rappresenta l’elemento paesaggistico più riconoscibile. Mesumundu è un sito strategico, un central place per la storia del Meilogu, ma è anche un luogo dove leggere modi e tempi del passaggio dal mondo romano a quello medievale e costruire un caso di studio che possa essere utilizzato per capire questa transizione in Sardegna e nel bacino del Mediterraneo.
Un’area vulcanica, ricca di acque termali, che vennero sfruttate (nel sito di Mesumundu) dall’impianto di un complesso termale in epoca imperiale romana (II secolo d.C). Le vicinissime sorgenti di S’Abba Uddi (l’acqua bollente) furono captate con un piccolo acquedotto e sfruttate per le terme; ad esse doveva essere associato un tempio delle sorgenti termali, la cui ubicazione è del tutto da identificare.
Oltre al progetto didattico, la Scuola Estiva di Archeologia Medievale ha coinvolto i partecipanti, coordinati dagli archeologi Dott. Maria Cherchi, Alessandra Deiana, Gianluigi Marras, Matteo Pipia e Claudia Seddone in un intenso progetto di ricerca archeologica, dedicato alla lettura storico-archeologica dell’importante sito di Mesumundu.
Le piccole terme di Mesumundu erano inserite – in età imperiale romana- non tanto in un vero e proprio abitato, ma in un luogo di sosta attrezzato lungo la strada romana, che possiamo immaginare non molto diverso dai moderni “motel”, dove i viaggiatori potevano sostare, riposarsi e – nel caso di Mesumundu- concedersi un momento di relax nelle terme. Lo stabilimento termale fu restaurato probabilmente dopo 150 anni circa dalla sua realizzazione (siamo alla fine del III-inizi IV secolo d.C.), fino al suo abbandono che sembrerebbe essere sopraggiunto nel V secolo d.C. In età bizantina, alla fine del VI secolo d. C., le terme furono rase al suolo e i materiali da costruzione vennero riutilizzati per la costruzione di una piccola chiesa, voluta da un gruppo aristocratico bizantino insediato in questo territorio.Le sepolture di questi aristocratici, scavate attorno alla chiesa bizantina negli anni Trenta e negli anni Sessanta del Novecento, restituirono gioielli in oro, attualmente conservati al Museo Sanna.
Gli obiettivi della campagna di scavo 2016 riguardano una migliore messa a fuoco cronologica, funzionale e spaziale delle fasi monumentali di Mesumundu, note almeno dal tempo del canonico Giovanni Spano (1857) e di quelle fasi leggibili solo nelle pieghe del terreno.
In un’ampia area, con lo scavo di alcuni ambienti del complesso romano successivamente riempiti di macerie nel V secolo e di un pozzo chiuso probabilmente nel VI secolo, si analizzeranno al dettaglio i tempi che portarono dall’abbandono delle terme romane alla costruzione della chiesa bizantina.
Le indagini antropologiche di un’ampia area cimiteriale tardo-antica e altomedievale saranno realizzate in collaborazione con docenti degli Atenei di Sassari (Dipartimento di Scienze Biomediche) e di Pisa e ricercatori del Centro Studi Antropologici, Paleopatologici e Storici dei Popoli del Mediterraneo degli stessi Atenei.
Uno dei temi che rimangono ancora sullo sfondo della campagna di scavo a Mesumundu è anche quello di far luce sull’insediamento monastico cassinese che nel 1065 – a seguito di una donazione giudicale al monastero di monte Cassino- avrebbe interessato l’area in questione (Santa Maria di Bubalis) e il vicino Monte Santo.
L’area, ubicata sul vecchio tracciato della SS131 in direzione di Ardara, è ben identificabile anche per la presenza di una striscione della Scuola. Lo scavo è visitabile al pubblico tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 13.