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Siligo, sei pecore uccise dai cinghiali in zona Monte Santu

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SILIGO. Se nei giorni scorsi il cinghiale è stato protagonista indiretto delle polemiche legate all'approvazione del nuovo calendario venatorio (con buona parte del mondo della caccia contrario alle battute del giovedì), nelle campagne di Siligo si fa una conta dei danni subiti in termini di capi ovini uccisi dalle scorribande dei suidi. A denunciare l'ultima incursione, avvenuta alcune notti fa, l'allevatore Ciriaco Gusai, il cui pascolo è sito nei pressi della riserva di caccia di Monte Santu: «est unu disacatu, no isco prus ite fàghere! Como nd'ant mortu ses, ma no est sa prima borta, àteras bortas finas a 200. Sa Regione devet detzìdere ite fàghere, si nono a spasso nos nch'andamus?». Queste le sue parole. «Non abbiamo più a che fare con il cinghiale sardo di cinquant'anni fa – così il medico veterinario Giovanni Petazzi – ma con il risultato di incroci con il maiale domestico e il cinghiale maremmano. Sono cambiate le dimensioni e anche la prolificità, con nidiate di 7/8 cuccioli per volta. Si arriva a numeri enormi e, venendo a mancare le colture, il branco si avventa sulle pecore colpendole al ventre per poi divorarle. Nemmeno i cani ce la fanno a difendere il gregge». Che fare? A fronte dei problemi legati all'abbattimento dei cinghiali “in esubero”, necessità auspicata da allevatori, agricoltori, ma anche da amministratori locali (persino in termini di sicurezza stradale) è necessario sapere cosa possono fare le istituzioni meno prossime alle comunità: «il budget regionale messo a disposizione in termini di indennizzi – ha concluso il dottor Petazzi – è irrisorio, rimane ben poco una volta la cifra viene ripartita in tutto il territorio isolano». Ora, inviati i moduli via raccomandata, si attende il sopralluogo della Provincia.

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